Produzione Aziendale: perché le PMI sono poco produttive

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Produzione Aziendale: perché le PMI sono poco produttive

L’articolo affronta il tema della produzione aziendale in relazione alla scarsa produttività delle piccole imprese.

L’analisi sfrutta le esperienze e i dati disponibili dall’Osservatorio Organizzativo delle PMI. L’osservatorio è nato grazie al contributo della Camera di Commercio delle Marche e ai dati rilevati nelle aziende associate a Confindustria Emilia e Macerata con gli strumenti UMIQ e Assocheck derivanti dalla metodologia RiskOne®.

Premesse
Sono vari gli articoli che trattano della poca crescita e della scarsa produttività delle PMI e nel web vedo altrettanti post che supportano le tesi avanzate e incrementano la dose delle “accuse” rivolte a problematiche riconducibili ad aspetti organizzativo culturali.

Non vogliamo difendere le PMI a tutti i costi, ma è innegabile che le critiche diffuse spesso siano un po’ superficiali. Ovvero malgrado gran parte delle debolezze evidenziate siano corrette, bisogna guardare bene il quadro di insieme per capire la situazione e provare a trovare delle soluzioni

Alcune considerazioni di base sono:

  • Le grandi e medie imprese devono crescere, il mercato è globale ed oramai questo è lo scenario che va affrontato
  • Per soddisfare le esigenze di clienti sempre più orientati alla immediatezza della soddisfazione dei bisogni la velocità è diventato un punto chiave
  • La flessibilità è un problema per strutture pesanti, quindi la si asseconda sfruttando le reti di fornitura
  • Stessa soluzione per non avere scorte e decantare un bell’approccio snello

Quanto sopra è un fatto e non c’è nulla di male ad affrontare in questo modo la situazione. E se sei una medio grande impresa non hai alternative.
Ma se sei il terzista a valle?

Come sono messe le PMI

I dati dimostrano che la situazione è totalmente diversa tra aziende grandi e piccole, ma per grandi, nella nostra analisi, non intendiamo quelle con migliaia di persone bensì quelle superiori a 50 dipendenti.

Nello specifico l’analisi è stata segmentata in tre classi dimensionali, micro imprese fino a 15 dipendenti, medie da 15 a 50, grandi oltre 50 dipendenti.

Le PMI non vanno tutte male, quelle più deboli sono le più piccole. La differenza con le altre è significativa e per citare alcuni aspetti di dettaglio le debolezze principali riguardano:

  • Continuità manageriale, ovvero le prassi sono informali e legate alle persone, il rischio continuità è molto alto per la difficoltà di passare il testimone senza traumi
  • Fatturato concentrato su pochi clienti
  • Ripetibilità produttiva sempre legata alle persone e non a regole e criteri di controllo sistematico
  • Scarso utilizzo del bilancio come strumento organizzativo e mancanza di controllo finanziario
  • Sistemi di preventivazione e di verifica degli scostamenti non strutturati ed aggiornati nei costi
  • Nessuna attività riguardante iniziative di sostenibilità


Produzione Aziendale delle PMI: terzisti o produttori

Le riflessioni che seguiranno riguardano i terzisti, il grosso delle micro e piccole imprese che caratterizzano il nostro Paese.

Per i produttori a proprio brand le regole tendono a dover essere le stesse malgrado le dimensioni, i processi aziendali ci devono stare tutti e necessariamente serve avere risorse e strutture organizzative coerenti per poter competere nel mercato.

Normalmente i margini sono, o dovrebbero essere, a due cifre e, sempre in teoria, le possibilità di crescita sono tangibili e supportate anche dal sistema.

Per queste aziende, se piccole, la sfida è molto dura e la crescita è un imperativo. Non è facile crescere se non si fanno investimenti iniziali sull’organizzazione e questi progetti non sono facili da attuare se non si hanno risorse, strategie chiare e prodotti/servizi validi.

Ma se sei un terzista micro impresa come la mettiamo?
Se l’azienda lavora conto terzi, come quasi sempre nel caso delle micro imprese, allora la situazione che va affrontata è particolarmente complicata.

Prima di tutto, ci sono delle condizioni di base sulle quali dobbiamo essere tutti d’accordo:

  • I margini per un terzista non possono essere elevati per definizione, la base di partenza è questa
  • Devi essere flessibile e questo comporta due cose principalmente, avere persone in eccesso e fare spesso cambi produttivi che incidono sulla efficienza che non potrà mai essere ottimale
  • Devi fare scorte, altro elemento che incide sui costi

Poi ci sono altre condizioni di contesto:

  • I costi del lavoro sono elevati e incomparabili con i competitor che possono minacciare il lavoro delle piccole imprese, i buyer delle medio grandi imprese, spesso, guardano principalmente il prezzo
  • La burocrazia è elevata e richiede risorse dedicate per gestirla che le PMI non hanno
  • La capacità organizzativa serve sempre di più ma la possibilità di assumere persone che possano aiutare sulle attività indirette alla produzione è limitata dai costi e non solo
  • Quando possibile assumere le persone qualificate non si trovano, la cultura trasmessa da scuole, università e istituzioni è che piccole è brutto e grande è bello. L’attrattività delle PMI è stata minata per definizione
  • La disponibilità e la possibilità di sfruttare finanziamenti è principalmente “pensata” per le grandi imprese


Conclusioni
È spesso vero che nelle piccole imprese c’è un problema di cultura, di mancanza di deleghe, di sfiducia nei consulenti.

Ma è altrettanto vero che ci sono tante aziende, anche piccole, che sono guidate da persone fantastiche che potrebbero regalare ai ragazzi ambienti di lavoro familiari ed esperienza a 360 gradi.

Quindi il punto è che la situazione andrebbe affrontata in maniera seria e approfondita da parte di tutti evitando di sparare a zero su un patrimonio che ci ha reso quelli che siamo.

Aiutare le PMI è difficile, bisogna essere pratici, veloci, economici, capaci di dialogare con le proprietà ma soprattutto bisogna avere visione di insieme.

Se la concorrenza nei mercati fosse leale, probabilmente non saremmo qui a fare queste considerazioni.
Nel frattempo?
Meno chiacchiere è più fatti nella direzione giusta, da parte di tutti!

Alberto Mari

Alberto Mari - Fondatore e proprietario dal 2000 di NCG Network Consulting Group. Ha lavorato dal ’90 al ’95 per aziende di medie dimensioni con ruoli di responsabilità in organizzazione e sistemi di gestione, e successivamente come libero professionista e poi con la sua azienda, opera come consulente direzionale e auditor per sistemi di gestione. Temporary management per la definizione e gestione di strategie, strutture organizzative e gestione delle competenze. Membro di ODV 231 per Spa di medie dimensioni nel settore manifatturiero e sw. Lead Auditor riconosciuto AICQ SICEV n 46. Socio Qualificato APCO-CMC n. 0512-A, operante nell’ambito delle prerogative di cui alla Legge n. 4/2013. Esperto UMIQ (metodo di diagnosi organizzativa di Confindustria Emilia). Co-autore del libro UMIQplus. Socio Fondatore AICIM (Associazione Italiana Cultura d'Impresa e Management). Autore del libro "L'assetto organizzativo" edito da Maggioli Editore. Attuale Presidente del terziario innovativo di Confindustria Macerata.